Roberto Bolaño è stato per la letteratura ciò che Franco Basaglia è stato per la psichiatria.
Per la loro irruzione nei rispettivi campi di azione, è legittimo parlare di un prima e di un dopo. Bolaño ha stravolto paradigmi e criteri secondo i quali è lecito accedere al gotha letterario; Basaglia ha completamente rivoltato misure e interventi con i quali per più di due secoli si è affrontata la “malattia mentale”.
Entrambi inconsapevolmente legati da un destino comune; quello di entrare nella Storia e di andarsene troppo giovani. Ed entrambi provenienti dalla stessa terribile esperienza di gioventù; Pinochet in Cile, il fascismo in Italia.Due esperienze di reclusione reale e sociale. Di persecuzione fisica e politica.
Di carcere ed esilio. E forse sia l’uno che l’altro trascorso, nella imprevedibile fruttifera espressione di tutta la loro crudezza, hanno contrassegnato in seguito tutta la loro esistenza. Lo scrittore cileno, alla ricerca di un lunario da sbarcare compatibile con il suo mostruoso talento, in lotta perenne contro il mostro che lo aveva costretto a lasciare Santiago del Cile. E contro il mostro della povertà. Lo psichiatra veneziano, alla ricerca di un modello terapeutico che sconfiggesse definitivamente il mostro della emarginazione verso qualsiasi forma di devianza. Per questo erano stati istituiti i manicomi.
E quindi il periodo passato in carcere, da partigiano, fu determinante nel momento in cui conobbe la realtà di quegli istituti repressivi.L’odore di morte era lo stesso.
Bolaño fuggiva da una prigione grande quanto il suo paese, in preda alla follia omicida di un dittatore secondino alle dirette dipendenze degli Stati Uniti.Si traferì in Messico in giovanissima età, per poi approdare in Catalogna. Il doloroso girovagare dell’esiliato influenzò, naturalmente, tutta la sua opera.
Innumerevoli e tra le più disparate, oltre che disperate, le occupazioni che lo aiutarono a sopravvivere e a garantirgli un minimo di sostegno economico prima del successo. Il quale comunque, come spesso accade, si realizzò postumo.
Basaglia intraprese gli studi forse inconsapevole del ruolo da protagonista che avrebbe ricoperto una volta conclusi e alle prese con una branchia della medicina tra le più “blindate” fino ad allora.
Alla soluzione manicomiale infatti, non esisteva nessuna alternativa. Se non qualche timido ma lungimirante tentativo fuori dai confini italiani.
La loro conoscenza diretta fu tuttavia un punto di non ritorno per l’intera sua attività. Così come un punto di non ritorno fu la Legge 180 scaturita dalle sue intuizioni e soprattutto dalla sua tenacia nel perseguirla.
Se l’Italia, con la chiusura dei manicomi, ha segnato un inequivocabile passo in avanti nell’avanzamento della civiltà, lo si deve a Franco Basaglia.
Roberto Bolaño ha cambiato la letteratura e chiunque si appresti ad avvicinarla. Quale che sia la prospettiva; se di chi la crea o di chi ne usufruisce.
Anche in questo caso quindi, un punto di non ritorno avere a che fare con lui e con la sua arte. Con il suo inconfondibile stile. Una volta stabilito il contatto, risulta praticamente impossibile uscirne. Allo stesso modo con il quale si è fatto ingresso nel suo mondo.
Un’architettura che spaventa per la sua maestosità ma che poi rassicura per la intrigante bellezza che emana da ogni sua rivelazione. E intrigante non lo è per caso: con la sua scrittura si è davvero dentro un continuo e affascinante intrigo che non esaurisce mai la sua azione maieutica. Costringere dunque costringerci a tirar fuor sempre qualcosa dalle sollecitazioni a cui siamo sottoposti. Non sembra esserci scampo per la verità seppur ricercata con la fantasia più illimitata.Una condizione ossimorica che ha coinvolto anche Franco Basaglia. Doveva apparire il più arduo dei controsensi quello di affidare alla società ciò che la società stessa aveva rifiutato. Aprire a ciò che ormai per definizione andava rinchiuso.Spostare l’attenzione dalla malattia al malato.
Una condizione che univa in maniera quasi indissolubile la medicina con la sicurezza. Ancor prima dell’avvento di Lombroso che avrebbe suggellato la devianza genetica. E quindi l’inevitabile deriva criminale che ne consegue.
Queste profonde convinzioni scientifiche avrebbero permeato anche la cultura occidentale, compresa quella europea, chiaramente. Neanche l’ondata progressista del primo novecento e del dopoguerra ne avrebbero scalfito la solidità.
Una timida proposta di revisione legislativa giunse intorno agli anni 60, in concomitanza (forse) con i forti movimenti di contestazione.
Della lotta e della resistenza di quegli anni, soprattutto in America Latina, di quel clima allo stesso tempo di terrore e speranza, le opere di Bolaño ne sono imbevute. Rifuggendo il realismo magico, vero e proprio brand letterario latinoamericano di quello scorcio di secolo, come paradigma “classico” della narrazione e resistendo alla tentazione di trattati politici sotto forma di romanzo. Operazione peraltro riuscita ad altri illustri autori che però ricercavano esattamente in questa modalità narrativa la soluzione per una imminente e necessaria decolonizzazione. Culturale, ancor prima che politica ed economica.
Bolaño inventa personaggi e storie al limite dell’inverosimile fino a oltrepassarlo eppure così dannatamente e malinconicamente reali.Perché spesso autobiografici.
Una galleria di protagonisti improbabili all’interno delle più possibili e crude delle realtà. Senza fare sconti a niente e a nessuno. Calandoli nei sotterranei del vivere e innalzandoli a portatori sani di dignità.Ed è forse la dignità che prima di tutto Basaglia voleva restituire a quell’esercito occultato e rimosso di esclusi. E riscattare la società tutta che ne era in fin dei conti responsabile, riaccogliendoli nel proprio comune destino.
Per uno sforzo comune per l’abbattimento del concetto stesso di normalità.
Che fa rima con omologazione e, innanzitutto, con dittatura.Quella istituzionale e quella che serpeggia implacabile tra i solchi del benessere. Quando raramente c’è, o quando si fa finta ci sia; quasi sempre.
Per rompere gli schemi e decretare uno stato di crisi, quindi di una cesura netta con il passato, è necessario far emergere tutte le contraddizioni che caratterizzano una dimensione di indiscutibile diseguaglianza. Vale per la letteratura come per la psichiatria.
Per farlo ci vuole una dose massiccia di visionarietà, ingrediente insostituibile, insieme all’amore, per ogni autentica rivoluzione. E per ogni autentico rivoluzionario.
Roberto Bolaño e Franco Basaglia lo sono stati e continuano a esserlo.
E di questo gliene saremo eternamente grati.
M.A.
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